Mirror Neurons on DER
CD + Digital – 500
Release Date April 21, 2015
Cover xx+xy visual
Bonus Video
All orders through DER’s Bandcamp will receive an excerpt of Mirror Neurons.
Visuals : xx+xy visuals
Sound : France Jobin and Fabio Perletta
France Jobin e Fabio Perletta hanno due background piuttosto diversi: scienziata e matematica del suono con l’amore per il laptop e gli algoritmi la prima, principale importatore dell’estetica microsoundin Italia il secondo, uniti però dal comune interesse per la riduzione ai minimi termini delle forme sonore. Entrambi catalogabili a fatica nel macrocosmo dell’ambient elettroacustico, entrambi protagonisti di percorsi votati a un’arte squisitamente concettuale, l’intersezione dei loro discorsi artistici non poteva che produrre un lavoro come “Mirror Neurons”. Ovvero un disco dove il suono si mette al servizio del concept e della percezione, uditiva e cerebrale.
Nella sostanza, i due cercano di trasporre in suono l’attività elettrica e fisiologica dei neuroni umani, toccando con mano aspetti strettamente legati alla psicoacustica. Da un lato l’aspetto “interiore”, l’attività cerebrale che si auto-percepisce in quanto tale (si “specchia”, parafrasando il titolo), descritta dalle dilatazioni infinitesime a volume zero di Jobin. Dall’altro quello squisitamente fisico-scientifico, l’attività cerebrale percepita e individuata da un recettore esterno, ma anche come forma essa stessa di percezione sensibile dell’altro: e qui intervengono i datasounds di Perletta, richiami elettronici astratti e appena udibili, esattamente come i flussi di corrente nei neuroni.
Cromaticamente parlando, il colore dominante è un bianco perpetuo, vuoto, accecante, invisibile. In “Parallel” questo è spezzato da atomi di suono, schegge che trascendono il conscio per infilarsi nell’inconscio e costruire lì uno scheletro extra-razionale. Quest’ultimo si prepara poi a ospitare il drone di Jobin, privo di dimensioni fisiche e solo apparentemente fin troppo simile a un qualsiasi flusso ambientale. La sua monocromia, però, lo colloca in una dimensione extra-sensoriale ben lontana dal parnassianismo (diretto alla percezione e alla poesia) degli Illuha. Qui, al contrario, la scienza trascende l’umano e il suono astrae verso una dimensione esclusivamente sua.
Non c’è sentimento, non un briciolo di vita: o se ci sono, l’inquadratura dei due li elimina dalsoundscape per concentrarsi sul processo, mostrandone qualche traccia forse solo nell’evoluzione di “Mimesis”, dove le sfumature sembrano per la prima volta intensificarsi progressivamente. “Reflection” è invece il sunto della dinamica descritta sopra: un drone si protrae per più di un quarto d’ora fungendo da nucleo, mentre tutt’attorno elettroni sonori orbitano perpetuamente, senza uno scopo né una causa. La scena è riflessa allo specchio, ma non c’è soggetto che possa percepire il dualismo.
Ben pochi sono riusciti prima a sintetizzare tutto questo in un’opera sonora: Jobin e Perletta ci riescono in un autentico saggio di arte applicata alla psicoacustica. Dedicato a quei pochi per i quali il suono può davvero significare qualcosa al di là della percezione sensibile. Con rispetto e comprensione verso tutti quelli per i quali, invece, la sola idea rasenta la follia.
Matteo Meda